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Osservare il mondo: la fotografia di Dimitri Salvi

di Giuseppe Zambaiti (Provincia di Bergamo)

Ognuno di noi apre ogni giorno la sua personale finestra dalla quale osservare il mondo.

Lo spazio visuale può essere di forma e natura diversa: ampio o angusto, nitido o velato, libero da restrizioni o condizionato da oggetti e stati d’animo.

Lo sguardo può percorrere il creato fino all’orizzonte o fermarsi alla soglia di un limite interiore che può essere geografico o culturale o legato alle nostre scarse migrazioni e conoscenze.

Il tempo e le situazioni, poi, modificano l’angolo di osservazione che non riconosciamo più: prima planavamo lenti sui fatti e gli uomini, abbracciando dall’alto il circostante ed ora annaspiamo, a testa bassa, nelle piccole tribolazioni quotidiane.

Oppure troviamo improvvisamente bello e confortante un globo di dettagli piccoli, perché è dal dettaglio che si comprendono le persone e il tutto che le circonda.

É, in conclusione, il nostro personalissimo modo di guardare: unico, irripetibile, irriproducibile.

E con questo approccio - falsato dalla miopia che avanza e dalle lenti deformate sovrapposte agli occhi - fotografiamo le nostre giornate, inserendo in memoria solo quelle scene che hanno rappresentato un accadimento di rilievo. Chiudiamo gli occhi e rivediamo quell’immagine, riviviamo quell’emozione, ricordiamo quel fatto triste, ameno o neutro.

Qualcuno di noi però riesce ad affacciarsi alla finestra in un modo più originale. Ne sfrutta gli appoggi, attende il momento giusto per alzare lo sguardo, lavora sui filtri culturali per amplificare i risultati. In una parola osserva. Osserva meglio di altri. E trasporta il suo balcone in una macchinetta a scatti che espone un rettangolo di mondo ed isola il resto. E questo strumento registra l’attimo per poi ribadirlo nel tempo e farlo rivivere non solo nella memoria.

Chi sa fotografare - constatazione forse banale - ha imparato ad osservare il mondo, a cogliere l’emozione di un attimo e a restituircela imperitura.

Dimitri Salvi è tra questi.

Partendo dalla passione per la sua terra e per una città che ha percorso e sondato a lungo, Dimitri si è fatto indagatore e raccoglitore di scorci inattesi, sorprese di luoghi che credevamo familiari e che invece, grazie alla diversa lettura propostaci, ritroviamo incogniti e rivestiti di nuova luce.

Le praterie della valle Imagna, i suoi cascinali con i tetti in piode, il lieve increspare delle acque del lago d’Iseo, le porzioni di cielo bergamasco carico di nuvole veloci o saturo di blu… sono la sua palestra naturale per respirare la bellezza con animo lieve.

Il richiamo di Bergamo – e in particolare di Città alta – rappresenta poi un ulteriore punto di vista che insieme a monumenti, panorami e inusuali prosceni, vede la presenza umana nel suo incedere urbano: la passeggiata sugli spalti, la sosta turistica, la panchina come luogo della solitudine o dell’abbraccio, la rapidità del movimento di una ragazza in corsa o dei ciclisti del Giro. Per giungere all’elaborazione autunnale di un ombrello rosso, quasi galleggiante tra le mura e viale Papa Giovanni.

Un tassello per volta Dimitri compone il suo personale mosaico di scatti, lasciandoci testimonianza di ciò che intende per fotografia e di come desidera lavorare e farsi trasportare dalla sua passione.

E’ lo sguardo di un giovane fotografo bergamasco che ama il suo paese. Bastevole per ringraziarlo e incoraggiarlo a proseguire lungo il sentiero di luci e colori che ha scelto di percorrere.

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